Mestre 15 novembre 2020 – La gestione domiciliare dei pazienti positivi al Covid-19 è necessaria nel cercare di allentare la pressione su ospedali e pronto soccorso fornendo, al tempo stesso, continuità assistenziale ai cittadini interessati. Le linee di indirizzo che la Regione Veneto ha elaborato – D.G.R n. 1523 del 10 novembre 2020 – riprendono quanto già previsto dal “decreto rilancio” del maggio 2020 e dal “piano emergenziale per l’autunno” predisposto nello scorso agosto. Potenziamento delle cure primarie e dell’attività svolta a livello domiciliare, massimo coordinamento e sinergia tra medicina generale di base, Usca e ospedale stavano negli atti di indirizzo già programmati tra la scorsa primavera e l’estate.
Chiunque abbia un minimo di “onestà intellettuale” sa quanto e quale scarto vi sia tra le cose che si scrivono e si immaginano dal punto di vista teorico e quello che effettivamente si riesce a concretizzare; non sempre per mancanza di volontà ma perché la realtà ti presenta variabili diverse. Tra le variabili si sono acuite e sono esplose, con l’emergenza, anche quelle situazioni che pure rappresentavano problemi nella gestione ordinaria. Basti pensare agli intasamenti di codici bianchi e verdi nei pronto soccorso per difficoltà legate al potenziamento di strumenti coordinati tra ospedali e territorio o all’assenza di strutture in grado di fornire alternative all’ospedale di cui si discute da anni.
“È evidente che l’attuale situazione tende a esacerbare conflitti, relazioni e contesti già latenti in precedenza”, afferma Ivan Bernini segretario generale Fp Cgil Veneto. “Non è semplice per nessuno affrontare questa situazione ed è pure comprensibile che asprezze e tensioni emergano tra chi ha la responsabilità istituzionale nel gestire la pandemia organizzandone gli interventi e coloro che si trovano in prima linea nell’affrontarle. Negli ospedali e nel territorio. Deve essere chiaro che nella gran parte delle persone perbene non c’è nessuno che “faccia il tifo” affinché le cose vadano male per specularci cinicamente da un punto di vista politico, personale o economico. E quella gran parte di persone perbene, che non “stanno dietro ad una tastiera” nascondendosi nell’anonimato ma spesso stanno “in prima linea”, non si divertono a segnalare taluni problemi per spirito polemico contro qualcuno ma perché la gestione dell’emergenza li richiama ad una responsabilità diretta alla quale non possono e non vogliono sottrarsi”.
Prosegue Bernini: “Se c’è una cosa che non ci si può permettere in questa fase è quella di rompere la coesione e la solidarietà tra professionisti della salute mettendoli gli uni contro gli altri. Far passare l’idea che c’è una parte di professionisti che si mette a disposizione ed una che “rema contro”, magari insinuando che sono gli aspetti economici ad essere l’elemento determinante nel mettersi a disposizione, è quanto di più sbagliato si possa fare. Dall’una e dall’altra parte”.
“Per queste ragioni, considerando che la delibera sulla gestione domiciliare è del 13 novembre, due giorni fa, e se fosse confermato quanto abbiamo ricevuto come segnalazione da qualche medico di medicina generale su una nota inviata alle direzioni delle Ulss nella stessa giornata che parrebbe invitare i direttori a segnalare, nomi e cognomi, quei medici di base e guardie mediche che indirizzano i pazienti al 118 o ai pronto soccorso ed adottare successivi provvedimenti nei loro confronti, ci parrebbe un’iniziativa fuori luogo. Che non tiene conto, peraltro, del carico di lavoro di questi professionisti che accanto all’emergenza devono continuare a svolgere un’attività di controllo e visite “ordinaria” nei confronti dei loro assistiti. E che, non va banalizzato, in questi mesi hanno pagato un dazio altissimo anche in termini di morti e contagi nell’esercizio della loro attività” conclude.