Le risposte? non soffiano nel vento.
“Quante morti ci vorranno perché egli sappia che troppe persone sono morte? La risposta, amico mio, soffia nel vento. La risposta soffia nel vento” (Blowin’in the wind).
Venezia, 24 novembre 2020 - Abbiamo scomodato un mostro sacro della musica per ribadire, una volta di più, un concetto: le esperienze vissute in precedenza dovrebbero consentire di affrontare il presente non reiterando i medesimi errori e sottovalutazioni del passato. Dovrebbero, usiamo il condizionale, perché non siamo sicuri che le esperienze vissute conducano a maggior saggezza.
Non sottovalutiamo né banalizziamo alcune preoccupazioni rispetto al tema delle assunzioni del personale - afferma Ivan Bernini segretario generale Fp Cgil Veneto - ma nemmeno possiamo gradire che si continui “a prender tempo” rispetto a scelte che dovrebbero guidare le priorità del legislatore nazionale e regionale in materia di priorità di salute pubblica.
Non si può prima dichiarare che manca il personale e quando c’è affermare contestualmente che non si può assumere per non “sguarnire” le altre strutture. Nel Veneto c’è una platea di oltre 5.000 infermieri che stanno facendo il concorso: assumiamoli. Assumiamoli e poi si facciano le convenzioni che sono necessarie con le strutture che manifestano la necessità. Non per fare prestazioni aggiuntive ad ore ma per garantire con continuità l’assistenza infermieristica dove c’è bisogno. Peraltro val la pena di sottolineare, rispetto alla preoccupazione di “sguarnire” le strutture, che i vincitori del concorso potrebbero legittimamente essere proprio coloro che oggi lavorano in quelle strutture. Quindi che si fa poi? Si nega loro il diritto ad essere assunti nelle Ulss perché attualmente lavorano in una Rsa, o in una cooperativa o con quelle forme di partita d’Iva che spesso non son altro che una diversa forma di lavoro subordinato magari pagato meno? Considerando che le commissioni d’esame ai concorsi sono composte da persone perbene che valutano i candidati per come svolgono le prove e non per dove lavorano.
Per chiamare le cose con il loro nome sappiamo benissimo che un investimento di questa natura comporta un incremento importante della spesa pubblica e che le risorse economiche “non piovono dal cielo”, ma si decida una volta per tutte, fatti due conti, se vale la pena investire le risorse per un investimento che guarda al presente e alla gestione sanitaria del post-covid o se come avviene spesso, si preferisce spendere più del doppio per affrontare emergenze a posteriori. Anche in sanità vale quello che è valido per altri settori e paragoniamo la pandemia e le sue conseguenze a quanto determinato dalle calamità naturali: anni di discussioni retoriche sulla necessità di investire sulla messa in sicurezza del territorio salvo non farlo per poi spendere per ricostruzione e costi sociali più di quello che si sarebbe speso investendo.
Si decida sulla base delle priorità e si faccia in fretta: le risposte, oggi, se stanno nel vento non stanno, però, nei fatti concreti. E abbiamo bisogno di quelli, non di parole al vento.
E tra i fatti che mancano aggiungiamo anche la convocazione delle categorie che l'assessore si era impegnata a programmare oltre una settimana fa.