Strumento utile da ripristinare con la ripresa dell'emergenza
Indagine della Fp Cgil su 4.500 lavoratori delle Funzioni Locali
L’aumento dei contagi, in particolare nella nostra provincia, dovrebbe determinare la ripresa immediata dello strumento dello smart working per contribuire al distanziamento e ridurre la possibilità che il virus circoli.
Sappiamo tutti che la stretta adottata dal Governo sul “super green pass” è dovuta alla preoccupazione per la ripresa dell’emergenza sanitaria e le regole imposte, ad esempio per l’accesso ai mezzi pubblici, saranno di non semplice attuazione.
Le pubbliche amministrazioni sono in forte ritardo anche sulla definizione dei POLA, Piano operativo lavoro agile, tant’è che la gran parte, nonostante siano previsti da un anno, non li ha ancora definiti.
Molte amministrazioni hanno sposato la logica del Ministro Brunetta, a partire dal Comune di Venezia, come se lo smart working non sia lavoro ma una specie di vacanza per i lavoratori. Peccato che le numerose indagini degli ultimi sei mesi condotte dalle Università dimostrino l’esatto contrario.
Come Cgil non chiediamo che tutti i lavoratori vengano messi in smart working ma che si rimetta in campo lo strumento adottando una modalità “mista” che permetta sia di affrontare meglio la ripresa dei contagi che per migliorare le condizioni di lavoro.
Sono a sostegno di queste considerazioni i risultati dell’indagine che abbiamo condotto tra i lavoratori delle Funzioni locali della città metropolitana di Venezia dove emerge in modo chiaro che la stragrande maggioranza non chiede uno smart working al 100% ma una modalità mista che permette, come rilevato anche dalle recenti indagini del Politecnico di Milano, di aumentare la produttività delle persone.
Il sondaggio ha interessato circa 4.500 lavoratori delle Funzioni Locali (Comuni, Unioni dei Comuni, Città Metropolitana ed altri Enti locali) dell’Area Metropolitana di Venezia ed ha risposto il 9% del personale, rappresentando un campione molto significativo.
Emerge infatti che da casa si lavora meglio e ci si sente più motivati e per molti rappresenta un modo per conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro, anche se a volte il lavoro è aumentato rispetto al lavoro in ufficio. I lavoratori rappresentano difficoltà di tipo tecnico (in primis la strumentazione non fornita dal datore di lavoro), un’organizzazione un po’ improvvisata ed altre questioni aperte sul tema dello smart working, tra le quali la mancanza di una vera regolamentazione.
Sono 8 lavoratori su 10 quelli che preferirebbero alternare lo smart working con il lavoro in presenza.
Se l’82% dei lavoratori dà un giudizio positivo sullo smart working svolto in questo anno e mezzo, solo il 12% lo sceglierebbe come modalità di lavoro. Una percentuale di poco inferiore a chi preferirebbe tornare in ufficio (14%) mentre il 72% opterebbe per una modalità mista.
Le risorse del PNRR chiedono una pubblica amministrazione più smart, che investe sulle competenze digitali, sulla formazione del personale e su processi innovativi per offrire servizi ai cittadini.
Dobbiamo purtroppo constatare come in molte realtà tutto questo sia solo sulla carta e che le pubbliche amministrazioni rischiano di perdere sia la sfida dell’innovazione che della capacità di attrarre gli investimenti del PNRR.
Senza un piano chiaro che faccia rete tra i Comuni della nostra provincia, dato che la città metropolitana è stata completamente annientata nelle sue funzioni dal Sindaco, il nostro territorio pagherà cara la scarsa capacità di innovazione e cambiamento che è determinante per non essere il fanalino di coda del Veneto.