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Venezia, 19 marzo 2023 - La distanza tra teoria e prassi si misura esattamente tra una narrazione tutta difensiva esercitata dall’Assessorato alla sanità ed una realtà nella quale anche nella nostra regione cresce costantemente la spesa “out of pocket”, cioè quella sostenuta direttamente dai cittadini per pagarsi le prestazioni, afferma Ivan Bernini segretario generale della FP CGIL del Veneto.

Nessuno ha mai messo in discussione il fatto che nella nostra realtà regionale esistono delle eccellenze, in particolare sulle alte specializzazioni, sulle quali “obtorto collo” il privato non prova nemmeno a mettersi in competizione. Non gli converrebbe nemmeno da un punto di vista economico: non si fanno profitti con quelle prestazioni che “costano molto”, che richiedono attrezzatture, personale altamente specializzato, ciclo di filiera con tutte le strutture che servono a supportare l’eccellenza e lunghi tempi di degenza. Il punto vero che emerge in maniera manifesta da tutte le analisi prodotte, e che emerge dalle stesse dichiarazioni dell’Assessore, è rappresentato da un elemento: sono proprio quelle prestazioni maggiormente diffuse delle quali abbisogna la grande massa di una popolazione sempre più anziana ad essere svolte al di fuori delle strutture pubbliche. Per fortuna coloro che abbisognano di un trapianto o di interventi ad alta complessità sono una minoranza rispetto alle patologie più comuni che si incrementano con l’aumentare dell’età media. E tutte le analisi confermano cosa? Che la nostra regione è altamente attrattiva, ma oltre il 50% delle “comuni prestazioni” – diagnostica, ambulatoriale, interventi in day surgery o attività in day hospital – le svolge il privato. E che aumenta la spesa sostenuta direttamente dal cittadino per comprarsele, quasi esclusivamente nel privato convenzionato. Si, perché il tema non è affermare che nella nostra regione “il budget al privato convenzionato è invariato o non è aumentato”, dice Bernini, “il tema vero è che il problema delle liste di attesa lo stanno affrontando i cittadini pagando di tasca loro le prestazioni”.

Siamo assolutamente orgogliosi del fatto che nella nostra regione esistano le eccellenze in mano pubblica ma la sanità, meglio sarebbe parlare di salute considerando che oltre alla cura esistono importanti prevenzione e riabilitazione – questa sì in mano pressoché esclusivamente al privato convenzionato o al privato di mercato – non si regge attorno a poche eccellenze concentrate sulle due aziende ospedaliere e sui cosiddetti ospedali hub.

Non basta dire noi siamo quelli che hanno i migliori indicatori in comparazione con le altre regioni o continuare ad affermare da due anni a questa parte che non si trovano i professionisti della salute. Che sono tutti, non solo i medici. Serve assumersi la responsabilità di esercitare proposte che invertano la direzione di una sanità che pure migliore che altrove è oggettivamente in regressione. Altrimenti è un disco rotto.

Di fronte all’evidente definanziamento della spesa pubblica, che si accentuerà nel momento in cui dovesse essere approvata una riforma fiscale che anche attraverso la prospettiva dell’eliminazione dell’Irap, dell’Ires e dalla riduzione delle aliquote a maggior favore dei redditi alti, sancisce l’ulteriore caduta del finanziamento alla salute, alla sanità, alle assunzioni ed alle retribuzioni per il personale delle strutture pubbliche, che dicono l’Assessore e la Giunta regionale? Che va bene? Ci rassegniamo a concentrare alte 

specializzazioni nel perimetro pubblico e a lasciare al privato, convenzionato o meno, la gestione del resto?

La privatizzazione del sistema si può fare in tanti modi: direttamente, come ha fatto la regione Lombardia fin dal 1997, o indirettamente lasciando che il pubblico si svuoti per “sfinimento”, accreditando sempre più soggetti al di fuori di una programmazione pubblica necessaria lasciando che sia il “mercato” a farla, lamentandosi del fatto che le risorse sono sempre meno ma non esercitando il ruolo politico nei confronti di un governo che scientemente si appresta a tagliarne ancora.

Noi pensiamo che questi siano i nodi che l’assessore deve affrontare. Il resto sono affermazioni tutte sulla difensiva, deboli anche rispetto a ogni evidenza. Utili per la stampa e la rassicurazione pubblica ma non per le condizioni reali dello stato di salute della nostra sanità.

Noi siamo disponibili a un confronto vero, conclude Bernini, per trovare soluzioni. L’assessore?

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