Mestre 7 aprile 2023 - È uscito in questi giorni il rapporto Agenas sul Personale del SSN relativo all’anno anno 2020. Ad impressionare sono i dati relativi alle due principali professioni del nostro servizio sanitario. Parliamo di medici ed infermieri. Nel contesto europeo, scrive Agenas, il nostro Paese domina le graduatorie per numero di medici che praticano attivamente la professione: 4 medici ogni 1.000 abitanti contro i 3,17 della Francia e numeri per Spagna (4,58) e Germania (4,47) simili ai nostri. Completamente opposto il dato relativo agli infermieri rispetto ai medesimi paesi europei. 6,2 infermieri per 1.000 abitanti in Italia contro gli 11 della Francia e i 13 della Germania per 1000 abitanti.
«Di fronte a questo quadro europeo di grave carenza - sottolinea Sonia Todesco della FP CGIL Veneto - anziché invertire la rotta sostenendo e incentivando una maggior offerta formativa, anche con costi interamente a carico dello Stato, il Governo italiano con il Decreto Legge n. 34 del 30.3.2023 apre alla deregolamentazione del servizio pubblico togliendo tout court il vincolo di esclusività agli operatori sanitari fino al 2025».
Il personale sanitario potrà quindi, in deroga all’art. 4 comma 7 della Legge 412/1991 che stabiliva l’obbligo di avere un unico rapporto di lavoro con il SSN, lavorare anche per il privato. Lo potrà fare anche per il privato accreditato che fino ad oggi la norma citata escludeva categoricamente. Via al vincolo di esclusività (lavorare solo per il servizio pubblico) e deroga anche alle incompatibilità previste dall’art. 53 del D.Lgs 165/2001 che individuano appunto le attività extraistituzionali assolutamente vietate e quelle che possono essere svolte solo previa autorizzazione (incompatibilità relative).
«Un regalo gigantesco al privato che produce prestazioni sanitarie ed un danno, ancora incalcolabile, al servizio pubblico - sottolinea Todesco - Ben oltre alle regole imposte alla dirigenza medica che già con l’intramoenia stanno di fatto mettendo in evidenza come l’accessibilità e l’universalità del nostro SSN siano diritti non più garantiti a tutti i cittadini ma siano invece fortemente condizionati dalla possibilità di pagarsi privatamente la cura anche all’interno degli ospedali pubblici».
Questa scelta è probabile aprirà le porte a molti operatori che, immessi liberamente e senza vincoli nel mercato sanitario, sceglieranno di lavorare nelle strutture private che sicuramente remunereranno maggiormente il rapporto di lavoro extraistituzionale pur di acquisire personale. E magari questa sarà la strada per attrarre e far uscire dal servizio pubblico quello stesso infermiere che il privato ha conosciuto grazie al Decreto n. 34/2023. Ed è anche probabile che le stesse “prestazioni aggiuntive”, oggi prestate dal personale sanitario all’interno delle aziende, in forma volontaria, per l’abbattimento delle liste di attesa, con il Decreto Legge n. 34/2023, entreranno in competizione con il privato in grado di retribuirle sicuramente meglio.
Spiega Todesco: «oggi nelle aziende sanitarie del Veneto la tariffa media oraria per una prestazione aggiuntiva di un infermiere (ad es. in sala operatoria) non è fissata né per legge né per contratto nazionale ma da tariffe aziendali (peraltro una diversa dall’altra) e si aggira attorno ai 35 euro lordi, mentre per quanto riguarda i medici è il CCNL a fissare in 60 euro la tariffa per un’ora di prestazione aggiuntiva oltre l’orario contrattuale. Come FP CGIL Veneto abbiamo chiesto alla regione di valutare la fattibilità di una norma regionale che regolamenti e fissi un’unica tariffa regionale per tutto il personale del comparto. Con l’abolizione del vincolo di esclusività sarà probabile quindi che l’attività (su base volontaria) prestata oggi in regime di “prestazione aggiuntiva” dal personale infermieristico in Veneto (ad esempio l’attività di sala operatoria aggiuntiva per l’abbattimento delle liste di attesa) verrà messa in forte discussione dalla capacità del privato (anche accreditato) di attrarre e retribuire meglio.
«Oltre al danno la beffa! - aggiunge Sonia Todesco - Non solo non aumenterà l’attività nelle aziende pubbliche ma è probabile che calerà anche quella aggiuntiva che c’era prima, compresa quella dei medici che molto spesso necessitano degli operatori sanitari del comparto per svolgere sia le prestazioni aggiuntive che la libera professione intramoenia.
Sarà necessario, e al più presto, dotarsi di strumenti in grado di monitorare le ricadute sul Servizio pubblico di questo Decreto Legge che sembra costruito, con estrema lucidità, per farlo fallire svuotandolo dall’interno. Già in enormi difficoltà di personale si sarebbero dovute mettere in campo strategie per trattenere nelle aziende sanitarie il proprio personale disponibile a lavorare oltre l’orario contrattuale. Si è scelto invece di regalare questa opportunità al privato che potrà con il lavoratore stipulare addirittura un vero e proprio rapporto di lavoro extra. L’operazione sicuramente finirà per consolidare gli extra budget annuali di attività a cui il privato accreditato ambisce da sempre».
Entro 60 giorni il decreto legge dovrà essere convertito in Legge pena decadenza. Vedremo come la Regione Veneto si comporterà di fronte ad una norma fortemente negativa per le aziende sanitarie della sua regione.