Non aggiungere caos alla confusione
Venezia, 10 maggio 2020 - Le disposizioni del DPCM del 26 aprile, valide fino al 17 maggio, non hanno aggiunto nulla di nuovo sulle modalità di lavoro negli Enti Locali. Confermano la prosecuzione del “lavoro agile”, con la presenza in servizio esclusivamente dei lavoratori che svolgono servizi indifferibili sui quali non si può operare da remoto. Necessario, come fatto a marzo in piena emergenza Covid-19, che in tutto il territorio regionale si operino iniziative omogenee in tutto il sistema delle autonomie locali, evitando decisioni personali da parte di amministratori locali che anche in queste ore paiono assumere iniziative che non sono sostenute né da disposizioni legislative né da modifiche delle prestazioni indifferibili.
Non sappiamo cosa dirà il prossimo DPCM che dovrà dare indicazioni anche sulla graduale ripartenza del sistema delle autonomie locali, afferma Ivan Bernini segretario generale FP CGIL Veneto; quello che abbiamo ben chiaro, invece, è che sia necessario provare a costruire un protocollo come facemmo a marzo con Regione, Anci e Upi per costruire le condizioni di una eventuale e graduale riapertura dei servizi nella piena garanzia delle condizioni di tutela per cittadini e lavoratori. Elemento sul quale, peraltro, si sta già lavorando.
Crediamo sia interesse di tutti evitare di ritrovarci dentro ad una ripresa della pandemia dopo tutti gli sforzi operati. Anche perché significherebbe tornare al lockdown.
E riteniamo sia utile anche agli amministratori evitare forzature ed iniziative non preparate considerato che il contagio da Covid-19 si qualifica come infortunio che determina un potenziale profilo di responsabilità penale per il datore di lavoro che non abbia adottato le misure necessarie a prevenirne il rischio.
Le disposizioni normative pongono a carico del datore di lavoro alcuni obblighi specifici che non verranno modificati nel futuro stante l’evidenza che dovremo convivere con il virus. Alcuni esempi:
- fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale;
- organizzare gli spazi di lavoro per assicurare i distanziamenti, gli accessi e le modalità di relazione con il pubblico soprattutto in relazione alla valutazione del rischio biologico;
- astenersi dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
- organizzare orari e modalità di lavoro considerando anche le difficoltà legate ai trasporti pubblici, alla conferma del divieto agli assembramenti, alla presenza nei nuclei familiari dei lavoratori di minori e disabili.
Alcuni esempi per rappresentare che non siamo di fronte a discussioni banali e che anche quelle questioni che sembrerebbero di facile applicazione sulla carta vanno considerate nella loro complessità di uniforme applicazione. E che richiedono un lavoro notevole ed un coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori e dei rappresentanti per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Noi “non viviamo su Marte”, conclude Bernini, e siamo come tutti consapevoli che serva organizzare una ripartenza delle attività in convivenza con il Covid. Non abbiamo cambiato idea sul fatto che sia fondamentale operare ascoltando raccomandazioni che provengono dal comitato scientifico e metterle in pratica. Non interpretarle, ma osservarle e renderle compatibili con la ripresa del lavoro e delle attività.
L’auspicio è che qualche amministratore spinto dall’euforia della ripartenza a tutti i costi, operi in queste ore una seria valutazione, rifletta e consideri l’opportunità di rivedere le disposizioni che ha fatto. Con quanti, e pensiamo sia la maggior parte, intendono lavorare seriamente per prepararla siamo pronti a collaborare e dare il nostro contributo come stiamo già facendo in queste ore. Con coloro che si assumessero iniziative personali non potremmo rispondere che con inevitabili vertenze. A tutela della salute di chi lavora e della collettività.